Blindare il capo di gabinetto del Ministro della Giustizia. La priorità della maggioranza, ora, è assicurare a Giusy Bartolozzi, indagata dalla procura di Roma per false informazioni, lo stesso scudo garantito ai ministri Piantedosi e Nordio, e al sottosegretario Mantovano, su cui pende una richiesta di rinvio a giudizio per favoreggiamento, peculato e omissione di atti d'ufficio nel caso del rimpatrio del libico Almasri. Richiesta su cui si dovrà esprimere il Parlamento, dove la maggioranza è compatta, al termine del lavoro della giunta per le autorizzazioni a procedere. Che proprio ieri si è riunita alla Camera e il capogruppo di Fdi, Dario Iaia, appoggiato da Fi, Lega e Noi Moderati ha chiesto un approfondimento tecnico su Bartolozzi. Si vuole capire se si possa estendere anche alla dirigente lo scudo ministeriale, togliendola di fatto dai binari della giustizia ordinaria. Nello specifico, se ci siano i margini per sollevare un conflitto di attribuzione davanti alla Corte Costituzionale.
Il punto è giuridico, ma politicamente esplosivo. Bartolozzi è accusata dalla Procura di Roma di aver mentito, ed è stata per questo iscritta nel registro degli indagati dopo che il Tribunale dei ministri a luglio scorso aveva trasmesso gli atti a Piazzale Clodio, bollando la sua testimonianza come "inattendibile" e "mendace".
La strada imboccata dal centrodestra è verificare se sia possibile "connettere" il reato contestato a Bartolozzi con quelli contestati al ministro Nordio (favoreggiamento e rifiuto di atti d'ufficio). Perché se passasse questa lettura, il tribunale dei ministri avrebbe dovuto trasmettere gli atti per l'autorizzazione a procedere del Parlamento anche su Bartolozzi, cosa che invece non ha fatto. Ecco perché l'idea è di chiedere alla presidenza di Montecitorio di sollevare un conflitto di attribuzioni nei confronti dell'autorità giudiziaria. Di certo sarebbe stato più facile mettere in sicurezza il braccio destro di Nordio se le fossero stati contestati reati "in concorso" con il ministro. Invece la Procura di Roma ha indagato Bartolozzi per false informazioni, di fatto sganciandola dall'azione dei ministri e dunque anche dalla possibile commissione del reato nell'interesse della sicurezza nazionale. Ora l'obiettivo è impedire che le toghe al termine delle indagini possano chiedere il rinvio a giudizio e portare alla sbarra una pedina pesante dello staff di governo. Non è un mistero che a Palazzo Chigi si veda nell'inchiesta a carico della dirigente uno sgambetto all'esecutivo, in una fase politicamente delicata, con all'orizzonte la riforma della giustizia.
Ma lo scontro politico si infiamma: "La legge (che estenderebbe lo scudo, ndr) parla solo di concorso e non di connessione" nei reati, precisa il presidente della giunta Devis Dori. Il M5s attacca e parla di "ennesima forzatura delle norme per tornaconto personale". Per Mariastella Gelmini, Noi Moderati, "Bartolozzi non è membro del governo ma è chiaro che la sua posizione è del tutto sistemica con quella dei membri dell'esecutivo. Pertanto, penso che per lei si debba valutare e chiedere l'autorizzazione alla Giunta per le autorizzazioni". E poi "non ci si dimette per un avviso di garanzia".